venerdì 27 ottobre 2017

Avvocato. E mamma

Il 27 ottobre di otto anni fa, diventavo avvocato, passando l'esame di Stato orale dopo lo scritto dell'autunno precedente, al primo tentativo.

Ricordo quel giorno come se fosse ieri, come ricordo i giorni in cui ho partorito.
Perché, ad oggi, non riesco a paragonare quella esperienza a null'altro che al parto.

Si inizia scrutando uno stick, un referto o un tabellone, per sapere l'esito.
Dopo cinque minuti in un caso, un anno nell'altro, ma sono dettagli.
Ammessa o non ammessa, incinta o non incinta.

Poi mesi di attesa, ansia e preparazione. Mesi in cui fai anche altro, sei anche altro, ma la testa è sempre lì, a proiettare scenari, dar vita a sogni e paure, tra speranza e terrore.
Il corso di preparazione a.., i protocolli diverso da città a città.
I racconti di chi ci è già passata, i racconti di chi: "Conoscevo una che..", "Hai sentito cosa è successo a..", " Attenta perché.." e via di terrorismosicologico.

Quel senso di fatica e stanchezza e impazienza, perché quella data sembra non arrivare mai e, contemporaneamente, la paura che arrivi troppo in fretta, che ti colga impreparata, che qualcosa vada storto.
Lo stesso senso di ineluttabilità.
Perché ormai hai la bicicletta, ormai ci sei, ti tocca pedalare, affrontare la prova.
Il fallimento non è contemplato.

 Ricordo quell'estate: il praticantato, le interminabili ore di studio, qualche volte in compagnia, di solito da sola. Il caldo afoso, il cielo azzurro ed il sole, fuori, quasi a farsi beffe di me, sui libri.
La voglia di scalare, camminare, andare in bici, l'esigenza di studiare.
La casa e la spesa, nei ritagli di tempo, perché nulla contava più della mia scaletta di studio.
Le notti, a rigirarmi e sudare, in preda agli incubi.
E quel giorno di luglio, in cui per una interminabile ora, il gelo si è impadronito di me e ho temuto di avere perso mio marito.
Dopo, rientrata l'emergenza, ricordo il pianto liberatorio ma anche la rabbia, perché avevo perso tempo prezioso per la sua incoscienza, perché mi ero sentita persa, un episodio che ancora mi rode.

E quel giorno.
La scelta del vestito, preparato giorni prima come fosse la valigia dell'ospedale, partire presto il mattino, non da sola che sei troppo agitata e non sei in condizione di guidare.
Entrare in un palazzo con cui non hai familiarità, guardare altri visi ansiosi e i parenti fuori, in attesa, scrutare le porte.
La bocca secca, il dolore.
Perché non esiste solo quello fisico, che certe volte, in fondo, è meglio.
Ti ci puoi abbandonare, tornare puro istinto, come un animale.
Davanti ad una commissione d'esame, invece, no.

Tecniche di respirazione, sudori freddi e poi...via, ci sei, non puoi fermarti, sei lì e loro tutti a guardare te.

Quel senso di estraniamento, l'indifferenza verso tutto e tutti fuori e poi il sollievo, l'euforia e l'estrema spossatezza.
Soddisfazione e felicità, quelli verranno dopo, il tempo di elaborare l'accaduto, capire che è andato tutto bene.
Subito, basta che sia finita.

Un sogno che si è avverato.
Una fine e un inizio insieme.

Avvocato e poi mamma, ma mamma e avvocato. Per questo il blog si chiama così.
Non a caso, la DPP del mio primo figlio era 27 ottobre. Non a caso, il 27 ottobre avrei dovuto discutere la mia tesi di laurea specialistica, poi anticipata di un giorno dalla segreteria.

Non lo so se per altre donne sia lo stesso, cosa abbiano provato altre persone, al parto come agli esami di Stato. Per me, però, è stato così.
Buon anniversario a me.


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